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30 agosto 1949, l'obiettore Pietro Pinna a processo
Il 30 agosto 1949 si svolge l'udienza del processo a Pietro Pinna per "insubordinazione e disobbedienza", dopo la sua obiezione di coscienza. Pinna, chiamato alle armi alla fine del 1948, si era presentato in caserma alla Scuola allievi ufficiali di Lecce e aveva iniziato il servizio per poi obiettare il giorno del giuramento. Escluso dal corso fu inviato, per adempiere ai suoi obblighi, al I C.A.R. di Casale Monferrato, dove ripetè la sua obiezione e per questo venne mandato a processo. In Italia il sistema giuridico stabiliva che i giovani che prestavano servizio di leva dovessero sottostare al codice penale militare e quindi anche i giovani che si rifiutavano di prestare il servizio militare venivano processati da un tribunale militare.
La legge prevedeva la possibilità che il giovane che si rifiutava ripetutamente di servire nell’esercito restasse in carcere fino ai 45 anni di età, anno in cui scattava (per tutti) l’esonero dal servizio di leva: una volta scontata la punizione per il primo “rifiuto di obbedienza”, il giovane avrebbe dovuto riprendere il servizio militare dal punto in cui lo aveva lasciato; se si rifiutava ancora, sarebbe stato di nuovo processato, quindi incarcerato (in una prigione militare) per un altro periodo che poteva variare dai 10 ai 18 mesi; e così di seguito fino ai 45 anni. All'udienza del 30 agosto parteciparono come testimoni a favore di Pinna, Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, e l'on. Umberto Calosso, già membro della Costituente, che di lì a poco avrebbe presentato il primo progetto di legge sul riconoscimento dell’obiezione di coscienza in Italia. La sentenza viene emessa il 30 agosto con la condanna a 10 mesi di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale della pena e della non iscrizione al casellario. Pinna non dovette così scontare i mesi della pena in carcere (aveva comunque già avuto sette mesi di detenzione pre-processuale), ma fu subito richiamato al servizio militare e, dopo un nuovo rifiuto, nuovamente processato. Il 5 ottobre 1949 il Tribunale Militare di Napoli, in un processo per direttissima, condannò nuovamente Pinna per il suo continuato rifiuto e lo inviò alle carceri di Sant’Elmo per otto mesi di reclusione. Il 29 dicembre Pinna venne liberato in virtù dell’amnistia indetta per l’Anno Santo, nonostante il giovane si fosse rifiutato di firmare il condono. Nel gennaio 1950, ancora un richiamo di leva e viene mandato a Bari per riprendere il servizio militare. Obietta di nuovo, ma questa volta, invece di essere arrestato, viene sottoposto a una visita medica al termine della quale il dottore compila una cartella nella quale attesta una “nevrosi cardiaca”. Così il 12 gennaio Pinna, perfettamente sano, viene riformato per motivi di salute e quindi congedato. In seguito Pietro Pinna divenne uno dei più stretti collaboratori di Capitini, con cui organizzò la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi nel 1961, e le tre successive; continuò ad operare nel Movimento nonviolento per tutta la vita, diventandone segretario nazionale dal 1968 al 1976. Fu direttore responsabile della rivista Azione Nonviolenta fino alla morte, sopraggiunta il 13 aprile 2016.agosto 30, 2017 nella Appuntamenti, RiPassi di servizio civile, Storia del SC | Permalink
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