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Stranieri: incostituzionale la loro esclusione dal servizio civile
L’esclusione dei giovani stranieri dal servizio civile è incostituzionale. Lo ha sancito la Corte Suprema con la sentenza n. 119 del 13 maggio scorso, ma resa nota ieri, dopo che era stata chiamata a pronunciarsi lo scorso 2 ottobre dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione di Milano. In quella sentenza milanese la mancata partecipazione dei giovani non italiani veniva definita"né proporzionata né ragionevole", e vista la rilevanza della questione veniva appunto rimessa alla Corte Costituzionale affinché valutasse la costituzionalità dell’esclusione prevista dalla legge. Subito dopo era arrivata il 9 ottobre, il pronunciamento anche del Consiglio di Stato che aveva affermato come “la norma della legge del 2002 - che vietava agli stranieri di poter fare il servizio civile,- va disapplicata e che dunque i prossimi bandi dovranno essere aperti anche a coloro che non hanno la cittadinanza italiana”.
La vicenda processuale tra l’altro partiva da lontano, dalla fine del 2011, quando poco prima della scadenza del bando volontari dell’epoca, furono presentati due contenziosi da parte delle Associazione Avvocati Per Niente e ASGI per conto di due ragazzi stranieri presso i tribunali di Brescia e di Milano, con i quali si denunciava “il comportamento discriminatorio dell'Amministrazione perché prescriveva la cittadinanza italiana quale requisito di ammissione alla selezione, secondo quanto previsto dalla normativa tuttora vigente”. I due contenziosi hanno avuto nel tempo sviluppi processuali opposti, con il primo respinto, mentre il secondo accolto dal Tribunale del lavoro di Milano, con l’ordinanza del 12 gennaio 2012, e successivamente dalla Corte di appello (decisione n. 2183 del 2012), per arrivare quindi al pronunciamento della Corte di Cassazione di Milano dello scorso anno. Ora la sentenza, firmata dal Presidente Alessandro Criscuolo, e redatta da Giuliano Amato, che stabilisce “l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’art. 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile nazionale”. La sentenza riconosce come “è lo stesso concetto di «difesa della Patria», nell’ambito del quale è stato tradizionalmente collocato l’istituto del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel senso dell’apertura a molteplici valori costituzionali”. “Come già affermato da questa Corte – prosegue la sentenza -, il dovere di difesa della Patria non si risolve soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire un’aggressione esterna, ma può comprendere anche attività di impegno sociale non armato. Accanto alla difesa militare, che è solo una delle forme di difesa della Patria, può dunque ben collocarsi un’altra forma di difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarietà e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza n. 228 del 2004)”. Pertanto, anche in riferimento alla lettura dell’art. 52 della Costituzione alla luce dei doveri inderogabili di solidarietà sociale indicati all’art. 2 della Costituzione (sentenza n. 309 del 2013), “l’esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attività alle quali tali doveri si riconnettono appare di per sé irragionevole”, scrive ancora la Suprema Corte, che poi aggiunge come “l’estensione del servizio civile a finalità di solidarietà sociale, nonché l’inserimento in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo anche come un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza”. “L’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare servizio civile nazionale – conclude la Corte Costituzionale -, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta dunque un’ingiustificata limitazione del pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza”. Ora la parola passa al Parlamento, che proprio in questi giorni in Senato vede la discussione in Commissione Affari Costituzionali del Testo di legge delega sulla riforma del Terzo settore e del servizio civile nazionale, che approvato lo scorso 8 aprile alla Camera per ora non prevede un’esplicita apertura ai giovani stranieri, anche se questi già dal bando del dicembre 2013 hanno potuto candidarsi al servizio civile proprio in virtù delle sentenze di Milano e oltre un centinaio di loro avviarsi a svolgere questa esperienza. Leggi qui tutto il testo della Sentenza.giugno 26, 2015 nella Bando nazionale, Normativa e progetti, Riforma SC, Servizio civile e stranieri, Storia del SC | Permalink