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A 20 anni dalla Marcia per Sarajevo, i primi semi del servizio civile all'estero
Il 6 dicembre del 1992 partirono dal porto di Ancona verso Sarajevo, sotto assedio da nove mesi nella guerra dei Balcani, 500 pacifisti italiani. Con loro anche tre obiettori di coscienza, che nonostante il Ministero della Difesa avesse negato loro il permesso all'espatrio, allora non previsto, gettarono così i primi semi del futuro servizio civile all'estero.
La Marcia è ispirata e guidata da don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi, che nonostante sia già segnato dalla malattia (morirà il 23 aprile del 1993), nell'estate aveva lanciato un appello per una iniziativa nonviolenta e di solidarietà alla popolazione bosniaca. I 500 pacifisti, organizzati dall'associazione "Beati costruttori di Pace", arrivano a Sarajevo a ridosso del 10 dicembre, in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani. «Quel gesto di "disobbedienza civile" di quei tre giovani - come raccontano Giovanni Grandi e Nicola Lapenta (Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”) nell'ultimo numero di "Mosaico di Pace" - si ripeterà più volte nel corso del 1993 (ad esempio con la marcia “Mir Sada-Pace adesso” di agosto) quando, complessivamente, un centinaio di obiettori si recherà nei territori della ex Jugoslavia, oltre la metà dei quali in disobbedienza civile. Proprio nel 1993 la Comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi lanciò l’”Operazione Colomba” cui partecipano anche obiettori di altri enti». «Si trattava ormai - proseguono Grandi e Lapenta - di una vera e propria campagna organizzata, che portava la pratica della disobbedienza civile da un livello di scelta individuale ad una strategia collettiva di gruppi di obiettori di coscienza che espatriavano, auto-denunciandosi pubblicamente, sotto il nome comune di “obiettori al servizio della pace”. Il 29 maggio ’93 tra i tre italiani uccisi in un agguato a Gorni Vakuf mentre portavano aiuti umanitari alle popolazioni stremate dalla guerra, c’era anche Sergio Lana, obiettore della Caritas di Brescia». Bisognerà aspettare la nuova legge 230/98 perchè sia espressamente previsto l'impegno di giovani in servizio civile all'estero in missione umanitarie, i quali nell'ambito della rete creata da Associazione "Comunità Papa Giovanni XXIII", Caritas Italiana, Focsiv e Gavci, prenderenno il nome di “Caschi Bianchi”. Mentre solo tra il 2011 e il 2012 si realizza il primo progetto di servizio civile dedicato espressamente alla difesa civile non armata e nonviolenta in un contesto di conflitto in Albania, dal titolo “Caschi Bianchi: Oltre le vendette”.
gennaio 7, 2013 nella Appuntamenti, Esperienze, Libri e siti utili, Storia del SC | Permalink
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