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Al posto delle armi

La legge n. 230 del 1998 che regolamenta l’obiezione di coscienza e il servizio civile (e parte dell’attuale sistema del servizio civile nazionale) prevedeva, tra i compiti dell’Ufficio nazionale per il servizio civile anche quello di “predisporre, d’intesa con il Dipartimento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta”.
Che cosa il legislatore intendesse per “difesa civile non armata e nonviolenta” (per la prima volta in una legge italiana compariva la parola “nonviolenza”!) non è chiaro. Forse è anche per questo che è solo dopo sei anni dall’entrata in vigore di quella legge che lo Stato ha cominciato ad applicare quanto previsto. A maggio 2004, infatti, il ministro Giovanardi ha insediato il “Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e nonviolenta”.

Nel decreto istitutivo del Comitato si parla della “necessità di operare una ricognizione sulle esperienze più significative in materia di difesa civile non armata e nonviolenta” e si assegna al Comitato “il compito di elaborare analisi, predisporre rapporti, promuovere iniziative di confronto e ricerca”.

I 16 componenti il Comitato rappresentano alcune Amministrazioni dello Stato (il Ministero della Difesa, gli Interni, la Protezione Civile, lo stesso UNSC), alcuni enti convenzionati e associazioni, oltre ad alcuni "esperti". Insomma, un “tavolo di lavoro” attorno al quale siedono i diversi soggetti che, a vario titolo, sono impegnati nel vasto campo della difesa del Paese: una novità assoluta, non solo per il nostro Paese.
Si può dire che tutto iniziò con la famosa sentenza della Corte Costituzionale che nel 1985 dichiarò il servizio civile una forma legittima per l’assolvimento del dovere costituzionale di difesa della patria, introducendo così nella giurisprudenza italiana il principio di forme di difesa alternative a quella militare, come sancito poi dalla stessa legge n. 64 del 2001 che ha istituito il servizio civile nazionale finalizzato a “concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari”.
Una sentenza, quella del 1985, che la Corte Costituzionale ha pienamente confermato con un analogo pronunciamento l’anno scorso.
La sfida è dunque quella di confermare, nei fatti, come il servizio civile possa realmente tradursi in un modo alternativo di difendere la patria, convinti che per costruire la pace ci sono vie alternative a quella delle armi.

Diego Cipriani

(già Responsabile dell'Ufficio di servizio civile di Caritas Italiana)

agosto 11, 2005 nella Storia del SC | Permalink

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